Mark Bulka sul contender
Anonimo Chiavarese

Anonimo Chiavarese

Intervista al 3 volte campione del mondo Mark Bulka

In attesa che Diletta Leotta firmi per Contender Italia, le grandi interviste ai grandi campioni le facciamo noi. Eccovi in esclusiva un colloquio con Mark Bulka, dove il gigante australiano (tre titoli mondiali e tre australiani) racconta per la prima volta a Contender.it tutti i suoi segreti

Partiamo dall’inizio: quando hai iniziato ad andare in barca e quale?

Ho iniziato a cinque anni. I miei genitori avevano un noleggio barche: erano grandi yacht, ma il risultato fu che iniziai molto presto ad andare per mare con una vela sopra la testa. La mia prima barca fu un Sabot, molto simile a un Optimist, ma non ci andai per molto perché passai subito dopo su un piccolo catamarano dove iniziai a fare le prime regate.

 

Qual è la classe sulla quale sei andato di più, prima di passare al Contender?

Tante classi: Etchells, Classe A, Laser, Finn… Quella su cui sono andato di più però è stato proprio il Finn. Ci ho regatato per circa dodici anni. E’ stata una cosa seria: ero nella squadra nazionale, ma non andai alle Olimpiadi, solo alle preolimpiche.

 

Quando hai deciso di passare al Contender e perché?

Nel 1996, rientrato dalle preolimpiche di Atlanta, decisi che era tempo di divertirmi un po’. Così comprai un Contender e ci andai per circa sei mesi. Poi ricominciai con il Finn, ma a quel punto avevo iniziato a seguire la Classe, anche perché nel mio circolo, il McCrae Yacht Club, vicino a Melbourne, c’erano un paio di amici che lo avevano. In quel momento si cominciava a parlare di scafi in epossidica e la cosa cominciò a interessarmi sempre di più: la mia vecchia barca, quella che avevo preso nel ’96, non era competitiva. Quando, anni dopo, sentii che l’epossidica era stata finalmente accettata dalla classe chiamai Luca Bonezzi e gli comprai subito una delle sue prime barche in epossidica. Era il 2012.

 

Hai ancora una barca in epossidica in Australia?

Ne ho avute un paio, sempre da Luca.

 

Ora però vai su una barca di legno: c’è un motivo?

No, le barche di Luca vanno veramente bene: sono ben bilanciate e appena ci sali provi subito un bel feeling. Quella della mia barca in legno è una storia curiosa. Era il 2015 e quell’anno i Mondiali erano a Medemblick, in Olanda. Ero nel mio circolo e stavo preparando la mia barca, quella in epossidica, per metterla nel container e spedirla in Europa. In quel momento si presentò un ragazzo e mi disse che voleva passare al Contender. Gli risposi: fantastico, se vuoi chiamo Luca Bonezzi, gli dico di preparare una barca nuova da mettere nel container dopo i Mondiali e te la porto indietro. Lui mi disse: no, voglio la tua barca. Gli risposi che non era possibile perché mi serviva per i mondiali. E lui: no, no, voglio la tua barca. Passo al Contender solo se mi dai la tua barca… Alla fine mi arresi e dissi, ok, prendi la mia barca. Il risultato è che avevo il biglietto per l’Olanda ma non avevo più un Contender per fare i campionati. Non sapevo che fare. La soluzione arrivò parlando per telefono con Paul Verhallen: se vuoi, mi disse, in Olanda c’è una barca nuova che se ne sta da anni dentro un box. Chiamai subito il proprietario: era un Bonezzi di legno mai usato, mai entrato in acqua. Era rimasto dentro in un garage per sei anni: immacolato e ancora tutto da attrezzare. La comprai dall’Australia senza nemmeno vederla. Paul andò a prenderla e la portò a casa sua. Quando arrivai in Olanda passammo tre giorni a finire di montarla, poi andammo direttamente a Kiel. La misi in acqua la sera prima che iniziassero le regate. 

 

Qual è stata la difficoltà più grande che hai incontrato quando sei salito la prima volta sul Contender?

Virare.

 

E come l’hai risolta: provando e riprovando o cambiando modo di virare?

Cambiando tecnica. Guardavo gli altri in acqua, studiavo i video su YouTube, facevo un mucchio di domande, ma non miglioravo mai. Era terribile. Tutte le mie virate erano pessime. Nel 2013 andai in Italia per i Campionati nazionali di Fano, allora avevo ancora una barca di Luca, poi andai a Kiel. Le mie virate facevano sempre schifo, ovviamente. A Kiel un giorno venne da me Jan von der Bank e mi disse: sei veloce, molto veloce, ma… viri di merda. Domani vieni da me che ti faccio vedere come viro io. Il giorno dopo andai dalla sua barca e si mise con calma a spiegarmi: è semplice, metti la scotta nella mano della prolunga, passi tutto nell’altra mano e  viri. Mi si accese una lampadina. Dopo Kiel andai sul Garda e cominciai a fare come mi aveva detto. Virata dopo virata cominciava a venirmi tutto. Ne feci una, un’altra, un’altra ancora: mi entravano tutte. Quell’uomo è un genio, dissi: ha risolto i miei problemi.

 

Viri schiena avanti e faccia indietro?

Sì.

 

E ti passi la scotta nella mano del timone…

La scotta è attaccata al bottazzo di poppa con un elastico. Ovviamente ho la scotta nella mano di prua e la prolunga in quella di poppa: prima della virata raccolgo con la mano di poppa la parte della scotta che è verso l’elastico, mentre con quella di prua continuo a tenere la scotta nella parte che esce dallo strozzatore. Quindi, prima della virata, c’è un momento in cui ho la scotta in entrambe le mani. Quando decido di virare, mollo la scotta dalla mano di prua mentre quella del timone tiene sia la prolunga che la scotta; mi sgancio dal trapezio e, mentre passo sotto il boma, con la vecchia mano di prua prendo sia la prolunga che la scotta dalla vecchia mano di poppa. Una volta dall’altra parte la vecchia mano di poppa, ora di prua, va a prendere il gancio del trapezio e, dopo essere uscito, prende la scotta che pende dalla nuova mano di poppa. Funziona.

 

E prima come facevi?

Ah, prima infilavo la scotta nel giubbotto e finiva che mi legavo regolarmente i piedi. Ancora adesso, ogni tanto, mi trovo la scotta intorno a una gamba ma non è più come prima.

 

Domanda banale: tre o quattro rimandi di scotta?

Due! Noi australiani siamo forti. Scherzo: tre rimandi.

 

Quanto c’è voluto per diventare pienamente competitivo sul Contender?

Senza contare la barca che avevo preso nel ’96, che era più un divertimento che una cosa seria, direi tre, quattro mesi. La barca di Luca mi è arrivata in ottobre, era il 2012 e a fine dicembre ho vinto il titolo australiano. Poi nel 2013 sono andato a Gravedona e sono arrivato terzo ai Mondiali. E fu una sorpresa, perché pensavo che arrivare nei primi dieci sarebbe stato incredibile. Non ero veloce come i più forti, come Simon Mussel per esempio, che in quel campionato era il più veloce di tutti e poi avevo ancora molto da imparare. Però avevo un bel passo rispetto a quasi tutti gli altri: la barca di Luca era davvero molto veloce.

 

Cambi molto il tuo setting tra vento leggero, medio e forte?

No, mai.

 

Stesso setting?

Stesso setting per rake e sartie.

 

Non tocchi mai il rake?

No. Ho provato a cambiare setting, ovviamente, ma non ho mai trovato una soluzione che andasse nettamente meglio di quella che uso ancora adesso. Magari mi viene in mente un’idea, una teoria per cui una situazione potrebbe andare meglio di un’altra, ma alla fine non vedo mai differenze per cui vaga la pena di cambiare.

 

Muovi la deriva a seconda del vento?

Sempre.

 

Mi spiego meglio: sposti mai il perno avanti e indietro prima di scendere in acqua? O ti limiti ad alzarla e abbassarla quando stai navigando?

Solo in acqua, ma la modifico in continuazione. Dipende se voglio essere in “high mode” o “low mode”, se voglio fare prua o se al contrario voglio camminare. Ovviamente dipende dal vento. Ma è quello che fanno tutti.

 

Quanto sei alto e quanto pesi?

Sono alto 187 centimetri e peso 91-92 chili.

 

Se preferisci puoi non rispondere a questa domanda perché riguarda i “numeri segreti” della tua barca. Mettiamola in questo modo: a proposito di rake vai più basso o più alto degli altri? Quelli più veloci intendo.

Direi giusto nel mezzo. Non sono mai andato sotto i 6 metri e 40 centimetri ma in buona sostanza direi che dipende da quanto riesci a passare sotto il boma. Per molto tempo non ho nemmeno misurato il rake: tiravo su l’albero e fintanto che passavo sotto il boma quello era il rake ideale. Oggi credo di essere ancora intorno ai 6.40… sì direi che quella è la mia misura. Ho visto che molti, quando arrivano per la prima volta sul Contender, tendono ad avere ancora più rake con il risultato che il più delle volte si piantano in virata.

 

Tu usi un Bonezzi di legno, albero CST e vela Wavelegth: è giusto?

Corretto.

 

Che tipo di Wave usi?

Graham Scott, il proprietario della Wavelength, ha due tagli: uno più piatto, che è quello che usa Soren e che molti usano, e uno normale, più grasso, ed è quello che uso io. Per quanto riguarda la balumina credo che siano tutte più corte adesso. Forse quella di Soren è un pelo più lunga, forse. In ogni caso lui usa il taglio più piatto, io quello più grasso. Ma peso anche venti chili più di lui.

 

Chi pensi sia il miglior contenderista? A parte te ovviamente…

Soren.

 

Perché?

E’ completo, molto completo. Ed è molto bravo a portare la barca. Anche Simon Mussel è bravo allo stesso modo, ma ovviamente soffre con poca aria per via del suo peso: in compenso con vento è davvero forte. Chi è migliore dei due? Non lo so, credo che entrambi siano molto bravi. Ho grande rispetto per tutti e due. Poi ho molta stima di Cristoph Homeier e di Antonio Lambertini: sono davvero bravi.

 

Un consiglio a chi inizia, specie con aria.

Devi far correre la barca. La prima cosa che ho notato venendo in Europa è che tutti vi ostinate a fare molta prua. Tutti andate molto alti e molto lenti. Alla partenza tutti sono più alti di me: così viro, cammino veloce e quando mi giro sono molto più avanti di loro. Ancora adesso mi chiedo perché volete fare così tanta prua e andare così piano. Io abbasso il trapezio molto, cerco di uscire al trapezio il prima possibile e avere la barca assolutamente piatta. Ma è quello che c’è scritto su ogni libro di testo. Per portare bene il Contender basta applicare bene i principi più semplici: tira un po’ di cunningham, aggiusta la base, su un po’ di deriva, barca piatta piatta, vai un po’ indietro con il peso, non fare troppa prua… e vai.