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Anonimo Chiavarese

Mundialito di Gravedona: è il solito Antonio

Gravedona 2017: il campionato è italiano, ma la partecipazione è quella di un piccolo mondiale. Cronaca di un grande evento dominato, ancora una volta, dall'inarrestabile Lambertini

Ci sono un australiano, un francese e un tedesco… Non è una barzelletta, ma quello che per cinque giorni – allenamenti compresi – abbiamo visto sulle rive del lago di Como di fronte a Colico. Perché se a quelli appena citati aggiungiamo tre svizzeri, due austriaci, tre inglesi, altri cinque tedeschi e 37 italiani, capiamo subito che quello che si è tenuto a Gravedona dal 30 giugno al 2 luglio, più che un campionato italiano è stato un autentico mundialito, prova generale del fratello più grande previsto a Sonderborg la settimana successiva. Pensare a una concomitanza di date sarebbe però fuorviante: chi è quel matto che per andare in Danimarca dall’Inghilterra attraverserebbe, non la piccola Manica, ma tutta l’Europa per ben due volte? La risposta va cercata altrove: ad esempio in quel mondiale con 174 barche che dal 2013 in poi è rimasto impresso tra i neuroni di australiani, francesi, inglesi, tedeschi, svizzeri, austriaci… E naturalmente italiani. Già, perché per quelli come noi che abbiamo visto, non solo Genova come cantava Conte, ma anche Gravedona, inteso come mondiale, queste acque significano qualcosa.

Così, nonostante un meteo da paura, ci siamo presentati puntuali come le tasse. Peccato che la stessa idea sia venuta a Giove Pluvio che, dopo un mese abbondante di astinenza, abbia deciso di dare il meglio di sé proprio nei giorni del mundialito, trasformandolo nel campionato più umido a memoria di contenderista. Acqua di sotto, acqua di lato e, ca va sans dire, acqua di sopra come ripeteva inzuppato il contenderista francese. Non sorprende allora che il giorno prima delle regate, anziché uscire subito in allenamento, il vostro povero cronista sia andato a comprare un tubo di gomma per svuotare, con opportuno catetere infilato nella poppa, la sua barca e quella di Guido Ciccotti trasformate entrambe in gonfie autobotti dopo una notte di tregenda. Se a tutto questo aggiungete la neve caduta abbondante sulle cime intorno, avete un’idea, almeno vaga, dello strano campionato che si stava preparando. Che le cose non stessero andando per il verso giusto lo si è capito venerdì mattina, quando il Tivano da nord restava a dormire, imitato in tutto e per tutto dalla Breva da sud. Chi non riposava, e non ne voleva sapere, era la pioggia, che condita da tuoni, fulmini e saette si scatenava come la Taranta pugliese nella notte di San Pietro. Barche coperte e piumini addosso.

Il sabato appuntamento alle dieci, non per il Tivano nordico, ma per non perdere neanche un refolo della Breva meridionale prevista dopo le dodici. Scendiamo in acqua che non c’è un filo d’aria, ma la scommessa la vince Erasmo Carlini, presidente di Giuria: tempo di arrivare davanti a Domaso e la Breva arriva davvero. Peccato che a rovinare i nodi (dodici abbondanti) ci si mettano i gradi, resi ballerini dal meteo instabile e dai temporali che girano sopra le teste. Risultato? Si parte con 185 per arrivare in boa con 165 insieme a raffichette saltuarie da 140, mandando così all’aria i piani dei local che, come da copione, si buttano tutti a destra sottocosta. Chi non si fa impressionare è Simon Mussell che punta dritto in boa cogliendo in pieno il giro di vento, seguito da Luca Bonezzi in grande spolvero. Chi invece paga da bere è Antonio Lambertini che, fiondatosi tutto a destra, chiuderà soltanto 14esimo.

La Breva non molla, anzi aumenta, ballando alla partenza tra i 15 e i 17 nodi. Tutti, memori della prima regata, si buttano a sinistra, spinti anche da un allineamento nettamente favorevole in boa: chi non ci casca è Guido Ciccotti, che parte solitario in barca per buttarsi a destra e virare davanti a Domaso. Lambertini, questa volta ecumenico, naviga al centro e riesce a ridurre i danni, girando secondo. A rompere le uova nel paniere di Guido si mette il fischietto del “signor 42”, il giudice che controlla chi pompa e chi rolla, dato che nel frattempo il vento, annusati i temporali in arrivo, è calato ben sotto i dieci nodi da Oscar. Guido, che giura e spergiura di essere rimasto immobile per tutta la poppa (in effetti era avanti con netto distacco: perché avrebbe dovuto rischiare l’ammonizione?) si esibisce nel fatidico 720 lasciando via libera a Lambertini che rimedia così al passo falso della prima prova. Terzo Luca Bonezzi, che con la sua regolarità conquista la vetta della classifica provvisoria. Crolla invece Simon Mussell che dopo la vittoria precedente chiude solamente decimo. Chi non molla, anzi decolla, è il vento misto a pioggia che, senza troppi giri di parole, convince la giuria a rispedirci in fretta e furia a terra, memore dei 40 ruggenti di giovedì pomeriggio.

A questo punto la faccenda si complica, perché dopo il bidone di venerdì (zero prove) e la pezza di sabato (solo due) c’è il serio pericolo che il campionato Contender, per la prima volta, non venga assegnato. Ed è con questa consapevolezza che tutti quanti, almeno noi italiani, domenica mattina guardiamo l’acqua piatta come uno specchio: zero onde, zero vento. E zero tituli, come direbbe Mourinho. Alle 12 la giuria ci butta in acqua senza se e senza ma, ma soprattutto senza un nodo di vento. Quello che sembrava un gesto folle, anzi disperato, si rivela una mossa, ancora una volta, azzeccata dell’abile Carlini. Perché dopo un’ora che ciondoliamo davanti a Domaso, la Breva arriva davvero e noi siamo già lì, tutti pronti a prenderci quel che il buon dio ci manda. che a dire il vero non è molto. E soprattutto è davvero indeciso. Non tanto e non solo per i salti, ma per i rinforzi che trasformano la regata in una tombola: chi va a destra, si ritrova il vento a sinistra, e chi va a sinistra scopre che era meglio andare destra. Chi non si perde d’animo è Lambertini che, osservando il colore dell’acqua, si lancia come un motoscafo, non dove è buono, ma dove “pompa” (parola grossa) di più. La strategia si rivela vincente, anche per il giovanissimo Bruno Mantero, figlio di cotanto padre e cotanto nonno, ma anche campione europeo under 17 di 420: Bruno, con un fiuto da Bordini dei tempi migliori, si butta tutto a sinistra e coglie sia lo scarso che il rinforzo, chiudendo alle spalle dei primi. Non male per un giovane di appena 15 anni alla prima regata importante di Contender.

Il vento cala, ma la giuria, vista la posta in gioco, non molla e ci fa partire lo stesso. Questa volta l’equazione impossibile la risolve l’ingegnere Albano che si butta tutto a sinistra seguito dal giovane Mantero. Geppe viaggia come un treno, ma anche lui, alla fine della poppa, inciampa nel fischietto di Mister 42, lasciando via libera a Lambertini che conquista, in un colpo solo, la terza regata di fila, il titolo italiano e il mundialito di Gravedona. Alle sue spalle, nella classifica generale, Gary Langdown e un ottimo Luca Bonezzi che, come secondo italiano, conferma così il secondo posto dello scorso anno a Scarlino. Sesto in assoluto e terzo degli italiani Davide Fontana.

Morale della favola: dopo aver vinto i Campionati Francesi un mese fa, Lambertini si aggiudica anche il titolo italiano. E siccome non c’è due senza tre, ci aspettiamo a questo punto il titolo dei campionati danesi che precederanno il Mondiale che verrà. Del resto, per evidenti ragioni scaramantiche, non vogliamo né parlare né sussurrare. Tranne una cosa a tutti evidente: Antonio è in grande forma.

 

PS

Sabato sera la cena del circolo si è conclusa con la consegna dei trofei dedicati a Pierfranco Marchi che, come tutti ricordano, negli ultimi anni aveva l’abitudine di presentarsi a tutte la nazionali per regatare però soltanto il sabato. La domenica mattina, dopo aver consultato la cartina e la guida dei ristoranti, partiva infatti per un giro turistico dell’Italia, in compagnia del carrello e della sua adorata 302. Forse non lo si studia a scuola, ma il “sabato del Marchi”, come quello del villaggio, è ancora oggi un classico: giusta dunque la decisione di assegnare i trofei in suo onore, non alla fine delle regate, ma il sabato sera, premiando chi, quel giorno, si trova in cima alla classifica provvisoria. Come Emilio Betta, primo dei Grand Master, Giuseppe Albano, primo dei Master e Luca Bonezzi, primo over all. Emilio ha ricordato come al Mondiale in Florida, a cui Marchi volle partecipare a tutti costi sapendo che sarebbe stata l’ultima regata della sua vita, consegnò proprio all’amico “megu” il trofeo Master appena vinto: questo lo meriti tu più di me, gli disse Emilio. Geppe, con voce incerta, ha invece ricordato quando Marchi, troppo stanco per farlo, gli chiese un giorno in Florida di armargli la barca, sapendo che l’ingegnere Albano era forse l’unico al mondo più pignolo e preciso di lui. Meno verbale ma più concreto l’intervento di Luca, che dopo aver ricevuto il trofeo con la bottiglia di Whisky (presenza immancabile nelle serate del Marchi), prima l’ha assaggiata a canna, poi, dopo essere passato per i tavoli, l’ha equamente divisa tra i tantissimi bicchieri di carta per quello che, ne siamo certi, resterà uno dei brindisi più emozionanti di sempre. Hip Hip Urrà!

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