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Antonio Lambertini

Antonio Lambertini

Incroci, virate e tanto “fiatone”. Ma a Silvaplana è stato un bell’Europeo

Un campo difficile ma molto affascinante: Antonio porta a casa un'ottima medaglia di bronzo e la consapevolezza di aver partecipato a un campionato insolito ma importante. Tante le difficoltà, a cominciare dal poco ossigeno nell'aria

Il Campionato Europeo sul lago di Silvaplana, in Svizzera, si è svolto come ci si aspettava, soprattutto da parte di chi, come me, aveva già “preso le misure” in passato di quel piccolo specchio d’acqua in quota avvolto dalle montagne: un campo caratterizzato da spazi ristretti, vento teso ma “ballerino”, aria rarefatta con parecchi “buchi” e oscillazioni del vento alla boa di bolina e nel primo lasco per la prossimità della costa sopravento.

Per tutti è stata una sorpresa, e una nuova esperienza, regatare in quelle condizioni con così tanti concorrenti, tutti molto vicini, e con tanti giri intorno alle boe. Sì perché per raggiungere il target time di 50-60 minuti, il percorso da compiere era costituito da ben quattro giri: triangolo-bastone-triangolo-bastone oltre allo stocchetto d’arrivo. Per “sgranare” la flotta dopo la boa numero uno, quella di bolina, era stata posizionata una seconda boa un po’ più a sinistra e sottovento alla prima.

Il Campionato, che era previsto dal 26 al 30 agosto, si è svolto in realtà su quattro giorni (derogando così dalle indicazioni della Classe che prevedono cinque giorni, con avvallo della Commissione istituita dal Comitato Organizzatore e composta da un rappresentante per ogni Nazione) con il compimento di tutte le dieci prove in programma.

Nonostante la boa di disimpegno in bolina e il lago tutto per noi, la convergenza della flotta di 65 barche alla prima boa è sempre stata molto critica, come ci si aspettava. La costa di destra (dove chi sceglieva questo lato doveva fare molte virate per cercare di arrivare un po’ più alto sulla lay line per rendere il calo di vento e i “buchi” meno penalizzanti) era molto vicina, mentre chi proveniva con mura a sinistra arrivava veloce per la maggiore pressione. Il primo lato di bolina (di circa 0,6 miglia) non era lungo abbastanza per “sgranare” bene la flotta e in quasi tutte le prove le barche, in questo punto, erano molto vicine, spesso con velocità e angoli molto diversi, creando incroci e ingaggi al limite del regolamento (invocato con urla di tutti i tipi e in tutte le lingue) oltre a parecchie scuffie.

La linea di partenza era sufficientemente lunga per contenerci tutti e, a parte due o tre prove (dove il vento è ruotato deciso a destra), era abbastanza dritta e ci permetteva di scegliere liberamente se posizionarci in barca comitato (per poi virare quasi subito e bordeggiare sotto costa) oppure a centro linea o sul pin per fare correre un po’ di più la barca nel primo bordo. Chi sceglieva questa seconda strategia spesso rientrava a destra più avanti (prima della metà della bolina) per rimanerci fino alla lay line di destra e oltre, come ho fatto spesso io, oppure tirava deciso il bordo a sinistra preferendo navigare con vento più disteso e fare meno virate. In questo caso il rientro a destra, posticipato nell’ultima parte della bolina, era più critico e solo poche volte ha portato vantaggi rispetto alla flotta di destra. Credo che un po’ tutti abbiamo sperimentato le tre strategie, anche perché la distribuzione sul campo del vento, come intensità e direzione, era eterogenea e si modificava nel giro di pochi minuti, cosicché poteva succedere che nella stessa prova (composta, ripeto, di quattro boline) incontravamo situazioni anche molto diverse. Tante complessità, dunque, da affrontare necessariamente con calma e fermezza.

La “peculiarità fisica” del luogo, comunque, non era soltanto rappresentata dalla ristrettezza degli spazi di navigazione  (soprattutto nell’ultima parte della bolina), ma anche da quella, per niente visibile ma altrettanto insidiosa, dovuta alla carenza di ossigeno. Gli effetti dell’aria più rarefatta, dovuti alla quota di 1.800 metri sul livello del mare, li potevi sentire già al primo bordo sulla tua vela, ma soprattutto sulla tua respirazione!

A parte le tre prove accorciate, le regate sono state tutte di quattro giri costituiti da quattro boline, quattro laschi, due poppe, uno stocchetto al traverso. E dunque parecchie strambate, tantissime virate, molte imprecazioni e innumerevoli e affannate inspirazioni ed espirazioni!

Personalmente sono molto contento di aver partecipato a questo Campionato davvero particolare così della mia prestazione e faccio i complimenti a tutti quelli che sono venuti (pochi italiani, peccato!) e a Jesper Armbrust che ha interpretato al meglio il campo di regata, con molta calma e fermezza, navigando sempre correttamente e senza forzature.

Classifica Campionato Europeo 2024

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