Gravedona-Silvaplana: 87 a 63. Non è il finale di una partita di basket, ma il confronto tra gli iscritti alla nostra quarta Nazionale e quelli al Campionato Europeo iniziato il giorno dopo in Svizzera. Avete letto bene: quella che doveva essere una tappa di avvicinamento e una regata di riscaldamento si è trasformata nel vero, grande appuntamento. Un pre-Europeo più affollato dell’Europeo. Avete in mente quando gli antipasti sono così ricchi e invitanti che non resta posto per altro? Qualcosa del genere.
Il guaio è che la stessa scena (e cena) l’avevamo vista e consumata due anni prima, quando a ridosso dell’Europeo in Austria, ad Attersee, si tenne un’altra Nazionale sul Lago di Como. E anche allora finì 77 a 60 per Gravedona.
Il motivo? “A qualcuno piace caldo”, diceva Billy Wilder. Soprattutto quando l’alternativa è andare a fine agosto in posti freddi, piovosi, costosi e non sempre ventosi. Se poi aggiungi il cibo, l’accoglienza, il paesaggio e magari anche una bella Breva, ecco che il gioco è fatto. Così finisce che a Gravedona vedi fior di inglesi, tedeschi, danesi, olandesi, austriaci, francesi, belgi e persino australiani arrivare con il sorriso e partire con la stessa, triste domanda: ma non si poteva fare tutto qui, campionato compreso? Insomma, quella di Gravedona del 23-25 agosto è stata molto più di una Nazionale e – lo possiamo dire? – un quasi Campionato Europeo. Ma con molte più barche.
Che il livello fosse alto lo sì è capito giovedì vedendo Simon Mussell scaricare la barca, Soren girare in bicicletta, Max Billerbeck montare l’albero, Jesper Ambrust controllare la nuova randa e Antonio Lambertini arrivare a vela dalla sua casa a Musso. Dove giravi salutavi un campione del Mondo, un Europeo o, quanto meno, un bis campione italiano come Luca Bonezzi.
Venerdì c’è il sole e infatti la Breva si presenta persino in anticipo con le bandiere che svolazzano già alle undici del mattino. Alla partenza ci sono otto-dieci nodi, c’è una linea lunga (350 metri) ma soprattutto la “U” che condizionerà, e non poco, la classifica e le regate. Il manuale dell’Alto Lario recita che in quella condizioni si parte, si vira e si galoppa mure a sinistra per andare verso il golfetto sulla costa occidentale dove si vira per salire dritti in boa: giusto? Chiedetelo a Egidio Babbi che fa l’esatto contrario e si presenta solitario in boa con dieci lunghezze davanti a un certo Max Billerbeck. Egidio va come un treno: merito del nuovo albero Alien e della nuova Garda Sail, dirà lui, ma tutti sanno che la differenza, quella vera, è solamente nel manico. Peccato che quel fantastico esordio finirà in nulla perché all’arrivo Egidio scoprirà di essere stato “U flagged” che tradotto significa un bell’Ocs con la U. Vince Max, davanti ai due danesi Soren e Jasper che, per la cronaca, sono i campioni del Mondo e d’Europa in carica. Ottimo quarto il bravissimo Michele Castagna. Ma il messaggio intanto è stato lanciato: Egidio cammina. Eccome, se cammina.
Alla seconda prova il vento aumenta un pelo e il comitato si lancia con un pannello numero due, quello del percorso più lungo. Il più veloce questa volta è Marco Ferrari che, steso al trapezio, sembra l’aliscafo di linea che ogni ora strombazza per chiedere acqua. Secondo è Max e terzo Antonio Lambertini. Quarto Paolo Mascino.
Alla terza prova il vento comincia a cedere, soprattutto al centro. Il duello a questo punto è tra chi sceglie la parte destra del campo (quella del famoso golfetto) e chi, testardo, insiste a partire in boa e andare a sinistra. Nel dubbio, Lambertini si ripete, anzi si migliora, vincendo la prova davanti al solito Max e a Luca Bonezzi.
I conti si fanno alla sera quando la classifica dice che in testa c’è il regolarissimo Max Billerbeck (un primo e due secondi) davanti a Lambertini, Ferrari e Bonezzi. In difficoltà, ed è una sorpresa, i due superdanesi Soren e Jasper: il primo appesantito da un 16 e un 36, il secondo da un 18 e un 32. Per non parlare di Simon Mussell che dopo il nono della seconda prova timbra un 65 alla terza! Tanti gli Ufd (gli Ocs con la U, per intenderci) tra cui Mascino che ne prende uno e Albano e Babbi che, entusiasti dell’offerta, ne collezionano addirittura due.
Sabato non c’è nessuna donzelletta che vien dalla campagna, ma nel villaggio di Gravedona (distorsione leopardiana) è già un dì di festa: perché c’è sole e soprattutto, una Breva precoce. Di nuovo in acqua e dopo una breve intelligenza per organizzare le cose e ordinare le idee si parte. Questa volta ha ragione il manuale perché il gruppo che si fionda a destra gira in testa senza problemi. E “davanti a quelli davanti” c’è l’aliscafo rosso di Marco Ferrari che chiude primo, secondo Lambertini, terzo un velocissimo Casadei.
Alla seconda prova il comitato ci prende gusto e, vedendo un po’ più di vento (dieci, dodici?) mette la Oscar ma, ahimè, anche il pennello due del percorso lungo. L’aria tiene bene a destra ma non in centro dove la pressione, qui e là, comincia a perdere colpi. Chi non perde nulla, anzi vince tutto, è Adriano Chiandussi che sfodera un passo superiore e un angolo inferiore: praticamente imprendibile. Trenta lunghezze dopo (avete letto bene) arrivano Antonio e Max. E non è finita, perché alla terza prova, quando il vento cala ancora, Chiandussi si ripete: primo con distacco davanti ai soliti Max e Antonio, questa volta a parti invertite.
Alla sera “pizzoccheri sotto le stelle”, che non è il nuovo show di Milly Carlucci ma la tradizionale cena nel cortile del circolo, un po’ come il celeberrimo cinghiale arrosto nell’ultima tavola dei fumetti di Asterix (se non li conoscete sono fatti vostri).
Arrivati al dolce, pardòn, braschino, Gigi Tezza prende la parola per illustrare il senso del Trofeo Marchi e consegnare, come di regola, il famoso “portawhisky” al primo che si trova in testa alla classifica del sabato (Max Billerbeck, per la cronaca).
Domenica siamo nelle mani del meteo e dei local: uno dice che, visto il sole, arriverà un bel vento; un altro che, viste le nuvole, farà presto pioggia. Un altro ancora che quando il monte sopra Gravedona “el g’ha el capèl, o che fa brut o che fa bèl”. Nel dubbio il comitato ci spedisce in acqua, anche perché alle undici la Breva arriva davvero: peccato che alle dodici sia già tutto finito con ottanta barche (che dico, ottantasette!) che ciondolano su un lago immobile che sembra uno specchio. Alle quattordici sale l’intelligenza su A ed escono le cime di traino: tutti a casa!
Morale della favola. Una bellissima regata su un campo difficile e molto irregolare, (tanti i buchi, soprattutto al centro) ma con un livello decisamente alto, da vero campionato europeo. Alla fine vince il più costante, il bravissimo Max Billerbeck che non sbaglia quasi nulla. Ottimo il secondo posto di Antonio Lambertini che chiude davanti a Marco Ferrari e a un sorprendente Chiandussi, davvero incontenibile nelle ultime due prove.
A terra premiazione, pasta, birra e grande corsa a caricare le barche. Perché per molti l’Europeo, quello vero, comincerà il giorno dopo a Silvaplana. Un’ora e mezza di macchina. E tutta un’altra storia.
Cartoline da Gravedona
Ogni lustro si cambia gusto. E Simon Mussell cambia tutto: randa North in laminato al posto della Wave in dacron e albero Ceilidh (olandese) al posto del Cst. Quando gli ho chiesto il perché mi ha detto che voleva una randa che lo aiutasse con vento più leggero (“Quando il vento è forte preferisco la Wave”) e un albero che tenesse testa al laminato (“E’ l’albero più rigido che abbia mai avuto”).
Piccoli alberi crescono. Si tratta degli italianissimi Alien che di regata in regata stanno prendendo il largo: Marco Ferrari, secondo assoluto, ne aveva uno di media rigidità montato per la prima volta a Gravedona, Casadei con uno rigido ha portato a casa un terzo di giornata, Egidio Babbi con uno medio ha sfoderato un passo notevole come pure Alessandro Ferrari con la versione morbida.
Vele nuove. Casadei ne usava una in laminato fatta da lui, Babbi una GardaSail in laminato mentre Ferrari (GardaSail, of course) usava quella in dacron. Jasper usa le Elvstroem tagliate da sé, mentre Soren resta fedele alla Wavelength.
Superveloce. Adriano Chiandussi ha allargato il range delle sue condizioni ideali: se prima era imbattibile con vento leggero, ora i sorci verdi li fa vedere anche con vento medio. Detto e assodato che Adriano è veramente bravo, registriamo che il cambio di passo coincide con il nuovo albero morbido di Luca Bonezzi e la randa di Daniel Chiesa. Aggiungeteci il manico ed il gioco è fatto.
Supereroi. Nella categoria entra a pieno titolo Daniele Zampighi, cintura nera di judo ma anche di generosità e spirito sportivo. Sabato, prima prova: Marchìn Metalpa scuffia e perde il timone che si allontana rapidamente dalla barca. Daniele vede l’amico in difficoltà, smette di regatare e cerca di recuperare il timone. Poiché non ci riesce, chiude lì con la regata e si dirige verso un gommone vicino alla barca comitato per chiedere aiuto. Il gommone parte a razzo, recupera il timone e Marchìn può partecipare alla regata successiva. Grandissimo Daniele!
Superbravi. Gentili, efficienti, accoglienti. E sempre con il sorriso. C’è poco da fare: all’Aval di Gravedona sono davvero bravi, perché fanno di tutto e lo fanno bene. Dalla foresteria alla pasta dopo la regata, dai carrelli in spiaggia alle cene improvvisate e senza prevviso (bravissimi Elena e Fabio) è impossibile non sentirsi a casa. Dieci e lode a tutti.
Max e i suoi fratelli. Erasmo Carlini, che era in barca Comitato, mi gira questa riflessione che condivido: “Ai Mondiali del 2013 avevo sottolineato quanto stavano facendo i tedeschi con i giovani. Adesso, guardando la classifica della Nazionale di Gravedona (un quasi Europeo, ndr) noto che ci sono molti tedeschi nati negli anni Novanta e Duemila. E qualcuno è tra i primi dieci!”
L’ultima cartolina la dedico a Renato Tebaldi, bravissimo fotografo che ha realizzato un servizio fantastico: lo potete vedere su Flickr a questo link insieme alle foto dal drone scattate dal grande maestro “Oltreilvisibile”, al secolo Marco Rodolfo Metalpa.