Bubi se ne è andato. Non so se sul Contender, sullo Strale o qualche altra delle sue amatissime barche. Sono però certo che nella borsa dei ricordi più cari ha messo l’amore per la moglie, per i figli, per i tanti nipotini… ma anche l’affetto per tutti noi. E in quel “noi” ci metto tutti i velisti: quelli che hanno avuto la fortuna di conoscerlo e quelli che non lo hanno mai incontrato ma sarebbero stati molto contenti di farlo. Perché Bubi era grande velista e un grande sportivo (era stato un fortissimo calciatore) ma era soprattutto una grande persona.
Il suo nome, quello vero, era Salvatore Romanengo, ma per tutti è sempre stato Bubi. Rampollo di una importante famiglia di Genova, aveva deciso presto di mollare carriera e lavoro per darsi anima e corpo alla vela. Al Circolo Nautico di Chiavari aveva preso in consegna la scuola vela e l’aveva trasformata in qualcosa a metà tra un centro agonistico e una palestra di vita. Accanto alle barche rotte e usate del circolo comparvero, comprati da lui, i nuovissimi Strale e una barca assai strana chiamata Contender.
Vela e focaccia
Per noi che venivamo dagli Optimist o al massimo dai Flying Junior fu una rivoluzione. Ci insegnò a uscire al trapezio, a strambare sull’onda, a prenderci cura maniacale di deriva e timone. E ci spinse alle regate.
Per allenarci nel “golfo dei nesci” (il Tigullio d’estate è famoso per le bonacce) organizzava uscite all’alba con la tramontana forte: ci trovavamo al circolo alle cinque del mattino con la focaccia calda di Trombetta, mitica panetteria del carruggio. L’importante era rientrare per le nove, prima che il caldo arrivasse e il termico svanisse.
I ragazzi di Bubi
Tirò su una squadra di piccoli velisti, i “ragazzi di Bubi”, ai quali dispensava consigli e prestava barche (ma anche la sua macchina e il suo carrello, perché l’importante diceva, era girare e fare esperienza). In cambio lo aiutavamo con la scuola: armavamo le barche per le lezioni, le smontavamo, mettevamo il gommone in acqua e presto, molto presto, cominciammo a portare fuori anche noi gli allievi. Nel frattempo vivevamo al porto, uscivamo al primo vento. E facevamo regate. Una volta, preso da altri impegni, prestò per una regata il suo Comet a Elio, Paolo e il sottoscritto che, messi insieme, facevamo meno di 46 anni… Vincemmo in reale e compensato ma fummo cazziati dal suo socio perché “solo un matto presta una barca simile a dei ragazzini”.
Il primo risultato serio lo portammo a casa io ed Elio, vincendo nel 1978 il Campionato Italiano Strale. Ma fu solo l’inizio perché presto arrivò, dalla sua nidiata di velisti, un’autentica pioggia di titoli importanti e medaglie di peso: Admiral’s Cup, One Ton Cup, Three Quarter Cup, Mini Ton Cup…
Bubi segnò o addirittura cambiò la vita di molti di quei ragazzi: Giuly Romanengo, suo nipote, è un regatante professionista molto apprezzato e richiesto, Elio Petracchi gestisce e prepara barche da regata, Glauco Briante è stato vicepresidente della Fiv. E che dire di Guido Santoro, Franco Lagomarsino, Giampaolo Rocca, oltre a chi scrive, per i quali la vela è tuttora una seconda pelle o forse la prima?
Il richiamo del Contender
Se queste righe le riporto qui è perché Bubi è stato anche, soprattutto, un pioniere del Contender. E non poteva essere altrimenti, perché quella “barca per scimmie”, come la chiamarono a Voltri quando arrivò dall’Australia, era fatta apposta per lui. Bubi fu tra i primissimi a salire su quello scafo bello e impossibile. Con la sua Ita 7, come ricorda Carlini, partecipò insieme a lui e a Torrielli al primo campionato del Mondo che si tenne in Inghilterra, ad Hayling, nel 1970.
L’anima del contenderista
La foto in bianco e nero di quel campionato leggendario (tutto iniziò lì) la vedete qui sopra. Ma c’è un’altra foto che descrive l’anima vera di Bubi. La scattò ad Alassio il grande Bert Richner riprendendo dal gommone una barca di Chiavari, “I vezzi miei”, in difficoltà perché in una giornata di vento forte lo spinnaker non scendeva più. In uno degli scatti più famosi della vela si vede un uomo che sale sull’albero inclinato per andare proprio lassù a risolvere il problema. Più contenderista di così…
L’ultima volta che ho visto Bubi è stato al porto di Chiavari durante la Nazionale del 2019. Era al settimo cielo nel vedere tutti quei Contender davanti al suo negozio di riparazioni vele. Girava tra le barche, guardava gli alberi in carbonio, gli scafi in epossidica, gli stick allungabili. In un attimo si dimenticò degli anni, erano più di ottanta, e girandosi verso Giuly, suo nipote, gli disse: “Certo che se avessi una barca del genere…”.
Ciao caro Bubi, plana anche per noi.