Da dove volete cominciare? Dalla balena che girava tranquilla intorno alla boa di partenza? O dai dodici elefanti marini appollaiati sulla meda in mezzo al campo di regata? E che dire delle alghe giganti, ma giganti davvero, che agguantando deriva e timone hanno dimostrato in maniera scientifica che anche le barche, come le auto, possono frenare, anzi inchiodare? Io, se permettete, comincerei dal video girato il 23 aprile davanti a Monterey, nella stessa baia dove ciascuno di noi, nessuno escluso, ha fatto abbondanti capriole e dove una barca di whale watchers ha girato un inquietante filmino in cui cinque o sei orche fanno a pezzetti un piccolo di balena. Il video, se volete, lo trovate a questo link ma vi consiglio di vedere solo la prima parte perché la seconda non ha un gran finale: per il piccolo di balena, ovviamente, ma anche per noi che per una decina di giorni abbiamo fatto i pisquani in mezzo a onde di tre metri. Ammettiamolo, quello di Santa Cruz è stato un campionato fantastico – per natura, mare e animali – ma anche estremo, nel senso vero della parola. Perché delle famose condizioni medie, annunciate e strombazzate da tutti, non abbiamo visto nemmeno l’ombra o quasi. Tutto o niente, piattone o ventone: questo è stato il mondiale, per nulla medio, di Santa Cruz che sto per raccontarvi.
Prima di farlo devo però spiegarvi com’è fatta la baia di Monterey, in California, dove si trova la città di Santa Cruz, paradiso di surfisti (giusto per farvi capire il tipo di onde) e dei ricchi talenti della Silicon Valley che con un’ora di macchina vengono qui a passare il fine settimana. Già, la baia: avete in mente un ferro di cavallo? Bene, Santa Cruz si trova al centro, nella parte più tranquilla, perché dentro il ferro di cavallo il vento è poco e il mare gentile; certo, le onde a terra frangono come da noi con il libeccio, ma quando ti allontani da riva è un saliscendi riposante, quasi una culla. Il punto è che appena esci dal ferro di cavallo finisce il paradiso e inizia l’inferno. E siccome il purgatorio da queste parti non esiste, il passaggio da uno all’altro è immediato e improvviso, una sottile linea d’ombra dove prima c’è la placida Costa Azzurra, come dicono da queste parti, e dopo i Quaranta Ruggenti. Di qua escono, tutti i giorni, i bambini della scuola vela, di là si vedono i cavalloni bianchi correre perpendicolari alla baia, passando veloci da un’estremità all’altra del ferro di cavallo. Se non ci credete, ingrandite la foto numero uno: in primo piano ci sono io in piedi sulla barca per la bonaccia mentre in fondo urla e biancheggia il mar.
A complicare le cose aggiungete il fatto che durante il giorno il vento rinforza (e come se rinforza) spingendo dentro la baia il confine tra inferno e paradiso, con la Costa Azzurra che si restringe e Capo Horn che si allarga: i bambini escono sempre in barchetta davanti a riva, ma se vogliono tornare a casa per cena questa volta devono stare vicino a terra e bene attenti a non superare la linea proibita.
In culo alla balena
E’ chiaro dunque che in condizioni normali Santa Cruz è un posto eccezionale per regatare: se il vento fuori è troppo, metti il campo dentro la baia che comunque è enorme; se il vento invece è umano, te ne vai al largo per regatare con 15-18 nodi sopra a cavalloni morbidi e gentili. In condizioni normali, appunto. Peccato che di normale, in dieci giorni di regate, ci sia stato ben poco. Un dubbio, a dire il vero, ci era venuto durante i campionati americani, dove una bolla di alta, altissima pressione trasforma la baia di Monterey in un gigantesco Tigullio: 4-6 nodi sia dentro che fuori. E gli italiani, bonacciari per natura, ne approfittano subito. E’ vero, alla prima prova il peso piuma Harpreccht indovina il bordo a terra e saluta tutti, ma subito dietro ci siamo Davide, io e Luca Bonezzi, con Lambertini che insegue subito dietro. La mia barca con poca aria è un missile e giro secondo fino all’ultima bolina, quando Davide ed Ethan Bixby, americano “senza macchia e senza crocette”, prendono un buono e mi passano prima del traguardo; Lambe recupera e chiude sesto. Alla seconda prova Davide si ripete e con due ottimi secondi si piazza secondo anche in generale, facendo capire che la sua regolarità, in quelle condizioni, potrebbe essere una seria candidatura per il mondiale che verrà. Ma la cosa più clamorosa, permettetemi, è quello che succede prima della seconda regata alla boa di partenza: avete in mente una balena? Bene, adesso pensate cosa vuol dire vedere quel gigante grigio a poche lunghezze dal vostro Contender. Io e Davide ci avviciniamo in silenzio e quella, tranquilla, sale e scende, sale e scende. Alla fine saremo sì e no a una trentina di metri con quella specie di Tir che si fa bellamente i fatti suoi tra uno spruzzo e l’altro. Sembra un documentario, invece la balena è proprio lì, a pochi passi da noi. Mi avvicino da dietro, piano piano, poi mi viene in mente quel modo di dire piuttosto famoso e mi sale un dubbio ingombrante: vuoi vedere che non si tratta di un proverbio inventato? Evito di verificare e mi allontano lentamente.
Il giorno dopo facciamo una sola prova, perché il vento si fa pregare: Davide si disunisce (forse per le quattro balene quattro che incontra uscendo dal porto…) e chiude ottavo, Ethan Bixby non perde il passo mentre l’australiano Jason Beebe, che il giorno prima pensava ad altro, timbra il primo cartellino delle sue diverse vittorie. Bravo Luca Bonezzi che con un ottimo secondo posto recupera in classifica. Ultimo giorno, ultimo regalo: uscendo dal molo Davide tocca forse il fondo durante il cavallo tra due onde (sì, all’uscita del molo ci sono sempre i frangenti) e la deriva si rompe di netto. A terra Aldo Fontana, responsabile indiscusso dello shore-team, pialla, incolla e monta la deriva di riserva, ma intanto la regata la vince Jason, che a questo punto fa capire a cosa stia puntando, mentre Ethan controlla e vince con merito (e grande passo) il titolo americano. Alla fine ci sono quattro italiani tra i primi dieci tra cui Davide che, grazie allo scarto, chiude comunque al terzo posto.
Si dice che il buongiorno si veda dal mattino: beh, nulla di più sbagliato. Anche perché se la bonaccia dei campionati americani era qualcosa di insolito, lo è anche la botta di vento che si sta preparando.
Il menu del Mondiale: antipasto
Che le cose stiano cambiando lo si capisce dalla regata di prova per i mondiali, annullata senza esitazione per i 45 nodi (quarantacinque) che le boe dei rilevamenti meteo misurano fuori dalla baia. Qualcuno esce, ma se ne sta prudentemente in Costa Azzurra, mentre noi ci diamo al turismo dopo aver stazzato a fatica le barche e scoperto che anche nella tecnologica America ci sono bilance che non sempre funzionano (ore di attesa aspettando che qualcuno alla fine ne recuperi una giusta).
Il giorno dopo, lunedì, si comincia. Prima di uscire la giuria ci raduna e ci spiega che siccome fuori fischia di brutto, il campo verrà piazzato dentro la baia. C’è però un problema: poiché il vento al largo è davvero tanto, la famosa linea tra inferno e paradiso è già entrata dentro la baia, riducendo al minimo quella che i locals chiamano Costa
Azzurra. Altro avvertimento: poiché l’acqua è praticamente polare non fate i macho con le mute, copritevi anche se il sole è caldo, anzi ustionante. Un ultimo avviso: se restate in acqua per più di venti i minuti non fate i brillanti, chiamate soccorso che vi portiamo subito a terra. Meglio un astuto ritirato, che un eroe congelato.
Primo piatto (con sugo di alghe)
Già, i mondiali di Santa Cruz iniziano con questa premessa, facendo capire che il tranquillo weekend degli Open americani è stato bellamente archiviato e che d’ora in avanti si ballerà con altri ritmi e altra musica. La giuria tenta l’impossibile e purtroppo lo fa, perché anziché rinviare la regata, come avrebbe dovuto, piazza il campo a ridosso della costa con risultati disastrosi, trasformando la prima prova del mondiale in una regata sociale all’Idroscalo con aggiunta di alghe agguanta-derive. Si parte con poco vento, ma con raffiche che vengono dal largo dove infuria la bufera (cioè da ovest) e altre che soffiano da terra (cioè da nord). Nella confusione generale i primi diventano ultimi e gli ultimi primi, con tanti saluti alla regolarità ma anche al regolamento: Soren, che gira penultimo, si attacca al boma e pompa come un matto per superare le zone di piatta totale. Alla fine però i più bravi sono comunque davanti: gli inglesi si beccano i primi tre posti con Gary Langdown, Simon Mussel (secondo nonostante l’arietta e il quintale abbondante di peso) e Tim Holden. Davide e Antonio, bravissimi, finiscono al quinto e sesto posto. In affanno Mark Bulka che chiude decimo.
Poiché nel frattempo si è fatta una certa, il vento aumenta e, proprio per questo, entra sempre più dentro la baia. Quando partiamo per la seconda prova siamo già sui 25 nodi abbondanti con le onde che iniziano a salire e a ricordarci che di Pacifico, da queste parti, c’è soltanto il nome. La bolina è dura, molto dura ma alla fine risulterà l’andatura più rilassante della giornata, anzi del mondiale. Lo capiamo in fretta quando, virata la boa, entriamo immediatamente nell’iperspazio. Perché il lasco è un autentico rodeo, con la barca che decolla, i piedi che vorrebbero diventare prensili nonostante gli stivaletti e il vento che, in mezzo a quel delirio, si mette a sparare raffiche che sembrano pugni. A complicare le cose (sì, le cose possono diventare ancora più complicate) emergono tra gli spruzzi due dettagli non proprio trascurabili: il primo è che più vai al largo, dove c’è la boa, e più aumentano vento e onde. Il secondo riguarda proprio le onde che sono alte e di traverso, il che significa che quando sei nel cavo non puoi lascare altrimenti il boma tocca la “collina” di sottovento. Risultato? Io capotto un paio di volte, ma anche gli altri, campioni mondiali compresi, non scherzano. Scuffia Soren, si rovescia Bulka e persino il quintaletto Mussell va a gambe all’aria. In mezzo a questa follia c’è spazio per un altro colpo di scena, perché il vento si ritira dividendo il campo in due: la boa di lasco resta nella tormenta, mentre le altre due tornano nella semibonaccia. Alla fine, tra salti e buchi vince Soren con distacco davanti a Jason Beebe (attenzione) e Simon Mussell. Bulka si risveglia e chiude quarto. Davide, primo di noi, finisce ottavo, mentre il Bonezz comincia a “vedere i mostri” con giramenti di testa (cervicale? labirintite?) che data la situazione gli consigliano caldamente di tornare a terra e di sentire un medico.
Secondo piatto (con contorno di foche)
Il secondo giorno, martedì, è previsto vento forte nel pomeriggio e meno al mattino. La giuria riesce a piazzare un triangolo decente, nel senso che le condizioni sembrano finalmente costanti. Si parte sui 15 nodi a salire e onda, ma nulla rispetto al giorno prima. Questa volta il cartellino lo timbra Mark Bulka, davanti a Jason che non molla. Davide è sesto e Lambertini ottavo. A Luca, nel senso di Bonezzi, girano un po’ la testa, ma soprattutto le scatole quando la giuria lo fischia due volte nel lasco per la 42 (pompaggio): squalificato in quella regata punta dritto a casa, con tanti saluti alla prova successiva. La quale, come avrete capito, si farà con il vento che inizia a soffiare come previsto. Altra partenza con 27 nodi a salire (“gust” diranno a terra i giudici) e onda, molta onda. Come il giorno prima, anche questa volta entriamo nell’iperspazio del lasco, ma comincio a capire che proprio quello, il primo lasco, è la montagna più dura da scalare, il Cerro Torre della regata: se passi quello ce l’hai (quasi) fatta. Mi capotto e ricapotto come fanno in molti, quasi tutti, ma tengo duro.
A convincermi che non è il caso di mollare è una foca che nel pieno marasma del primo lasco, prima mi guarda, poi si mette a nuotare, meglio, a correre parallela e sopravvento ricordandomi che anche con quel mare, anche con quel vento, quello che sto facendo è pur sempre un gioco. Finiamo in venti ma solo il fatto di arrivare, di avercela fatta in quelle condizioni, è una autentica soddisfazione. Vince quintalino Mussell, perfetto per quelle condizioni che alla seconda bolina arrivano vicino ai trenta nodi, secondo è Bulka, che macina regolarità e terzo Jason che, vento o non vento, non ha nessuna intenzione di cedere. Quarto Soren che a questo punto diventa primo in classifica generale. Bene Lambertini, settimo con scuffia, male invece Davide, anche lui con scuffia ma soltanto quindicesimo. Luca litiga di nuovo con i mostri che gli girano in testa e anche questa volta preferisce tornare a terra.
Terza portata (per stomaci forti)
Il terzo giorno, mercoledì, comincia con la pioggia e senza vento, abbinamento che da queste parti non indica mai nulla di buono, perché appena la pioggia finisce sai già che il cielo si apre e il vento spara tutto quello che aveva messo in frigorifero. E infatti partiamo verso l’una con una trentina di nodi e un’onda che già di bolina, e non solo di lasco, cioè in mare aperto, è sui tre metri abbondanti. Io non ho il tempo né la voglia di misurarle: posso soltanto dire che le barche davanti spariscono tra un cavallone e l’altro per ricomparire solo quando tu sali brevemente in cima a quelle colline d’acqua prima di cadere nuovamente nel vuoto. A sdrammatizzare il tutto ci pensano questa volta dodici leoni marini che, appollaiati su una meda acustica, rispondono in coro ai muggiti di quella strana sirena.
Alla fine dell’otto volante, difficile chiamarla bolina, molti pensano al lasco che verrà e preferiscono tirare dritti verso casa. Io, che mi sono già giocato un Dnf il primo giorno, invece continuo. E l’avventura inizia. Tra scuffie, sberle d’acqua e persino una boa che ara (e si nasconde tra le onde) la quinta prova del mondiale non è più una regata, ma una prova di resistenza. Finiamo soltanto in quindici, ma finiamo. Quando taglio il traguardo vengo salutato da un’ovazione di trombette, bandiere, pollici alzati che manco avessi vinto la Coppa America. Sono ultimo, è vero, ma non ho mollato. E questo, per gli americani, è quasi più importante che vincere. A farlo davvero, cioè vincere, è invece Mark Bulka che il Santa Cruz Sentinel raccontando quel “mercoledì da leoni”, definirà giustamente “il primo dei sopravvissuti”. Mark dà un bello scossone alla classifica, perché è vero che Mussell è terzo, dunque lì, ma intanto Jason finisce tredicesimo (solo due posti davanti a me…) mentre Soren rompe lo strallo e si ritira. Antonio finisce con un bellissimo sesto posto, mentre Davide torna a terra prima del tempo dove trova Luca che, vista la giornata, aveva giustamente deciso di non “svegliare i mostri”. Al rientro in porto incrocio con la prua tre lontre che giocano. Si vede che l’inferno, almeno per oggi, è davvero finito.
Il carrello dei dolci (per tutti i gusti)
Poiché all’appello manca una prova, la giuria il giorno dopo prevede tre regate. Si parte al mattino presto con un’arietta da ovest leggera e ballerina. Un autentico patimento tra salti, buchi e raffichette. Bulka è in stato di grazia e vince con merito nonostante i quasi cento chili di stazza, secondo Soren e terzo un sorprendente Harpreccht che azzecca l’ultima bolina, e l’ultimo salto, recuperando venti barche in un colpo solo. Davide è settimo.
Il vento sparisce del tutto e la giuria non sa che fare. Prima prova a portarci al largo dove però si vedono cavalloni da paura, poi per fortuna ci ripensa, anche perché nel frattempo arriva un venticello dalla parte opposta. Risultato si parte con vento da est ma con una onda che arriva da ovest spinta dal vento che al largo soffia forte. Condurre la barca è difficilissimo, perché il vento imporrebbe un po’ di trapezio, ma appena l’onda ti spinge da dietro l’albero ti viene addosso e finisci in acqua sopravvento. Anche la partenza è difficile, perché se non stai attento vieni spinto dal mare in pieno Ocs. Chi la indovina è Davide che partendo da dietro arriva in velocità e con l’onda giusta proprio al momento della partenza: finirà con un bellissimo secondo posto, superato soltanto dal canadese Roger Martin, terzo il “solito” Mark Bulka che a questo punto dimostra di essere il più completo di tutti, capace di vincere con vento forte o persino con il nulla. Già perché la regata, accorciata al secondo lasco, finirà con l’anemometro quasi a zero.
Sembra tutto finito, quando il vento ricompare da Ovest sui 15-18 nodi con punte di 20.
Nuovo campo e nuova partenza e questa volta a vincere è Simon Mussell, che si ricorda di essere il più forte con aria, alle sue spalle Jason, ma Bulka è sempre lì, terzo. Davide è solo dodicesimo, mentre Lambertini, davvero in forma, chiude quinto.
Caffè e conto (con due scarti)
Ultimo giorno. La partita è sempre più nelle mani di Bulka, ma il vento previsto sarà poco e, come abbiamo capito, in quelle condizioni può succedere di tutto. Jason, che ancora ci crede, scalpita ed è il primo a scendere in acqua sperando nelle due prove. Fuori però c’è il nulla e ciondoliamo a lungo. Alla fine si ripete la scena vista il giorno prima: venticello da est e ondona da ovest. E proprio come il giorno prima Davide si esalta, parte benissimo e resta secondo per tutta la regata nonostante un tripudio di salti e buchi e una poppa senz’aria e contro l’onda che da sola basterebbe per annullare la regata. Che invece va avanti fino alla fine. La vince Jason e Bulka è quinto: giochi riaperti? No, perché nel frattempo il vento sparisce e la giuria ci manda a casa. Il titolo, con merito, ritorna nelle mani di Mark Bulka, il più regolare e completo. Applausi per lui e birra (a pagamento) per tutti.
Morale della tavola
Un campionato bellissimo, nonostante alcune lacune della giuria e un vento senza vie di mezzo, capace di passare dal niente assoluto al tanto, forse troppo. Un campionato estremo, o meglio, degli opposti estremi ma proprio per questo molto veritiero. Perché per vincere bisognava mostrare, con i fatti, non con le parole, di sapersela cavare nelle condizioni più diverse: tre prove con vento leggero e onda, cinque prove con vento forte o molto forte e solo una prova con vento medio-forte. La vittoria di Mark Bulka è stata impeccabile perché, tolta l’indecisione della prima prova (decimo) si permette il lusso di scartare un quinto e timbrare tre primi, a conferma della sua regolarità in tutte le condizioni.
Jason Beebe è ottimo secondo ed è in grande forma, ma è risultato meno regolare pagando caramente due incertezze, forse tre. Negli allenamenti prima dei campionati americani sembrava il più veloce di tutti, anzi lo era, ma erano condizioni di vento medio, proprio quelle che non si sono quasi mai viste a questi mondiali.
Terzo, il campione uscente Mussell: il più forte con ventone, tra i più lenti con ventino, fatta eccezione per la prima prova dove ha timbrato un clamoroso secondo posto. Vince due prove ma non gli bastano. Si rifarà agli Europei?
Quarto per un solo punto Soren, che era partito con grande regolarità, tanto da far pensare di essere lui il promesso sposo. Alla fine perde passo e posizioni. Comunque, vento o non vento, è da anni sempre tra i primi, primissimi posti.
Quinto l’australiano Callun Burns che vince il titolo Master degli over fifty, un vecchietto dalla pelle dura.
Davide chiude settimo a soli due punti dal quinto. Viste le condizioni, è un ottimo risultato, ma resta il rammarico di quello che avrebbe potuto fare se le condizioni fossero state quelle annunciate e previste. E che, manco a farlo apposta, si sono presentate la settimana dopo i mondiali, con vento regolare e steso sempre tra i 10 e i 15 nodi…
Bravissimo anche Antonio, quasi più forte con aria che con vento leggero: grande passo e grande coraggio nei laschi iperspaziali, ma condizioni troppo dure per puntare a raddoppiare il suo mitico titolo. Sfortunato invece Luca, nel senso di Bonezzi, che alla fine ha regatato più contro i suoi acciacchi che contro onde e avversari, perché quando i “mostri” dormivano, camminava come un treno e azzeccava sempre i bordi.
Mini statistica tecnica (per quel che vale…)
E’ ovvio che nelle condizioni che avete appena letto, il manico conta molto (moolto) più del mezzo. In ogni caso, per puro divertimento, ecco alcune osservazioni.
Vele: i primi sette, tranne Davide che aveva Olimpic ed Elvstroem, avevano tutti la Wavelength, che forse in queste condizioni estreme e di grande onda ha garantito adattabilità e regolarità.
Alberi: tra i primi quattro non uno con la stessa “pianta” dell’altro: Cst per Bulka, C-Tech per Jason, Wavelength per Mussell e Avantgarde sottile alto-modulo per Soren. Davide, settimo, ha usato un C-Tech, mentre Antonio, ottavo, il suo AvantGarde vecchio modello.
Scafi: i primi quattro erano Bonezzi di legno, il quinto un Bonezzi Epoxy, poi un altro ‘legnetto’ Bonezzi seguito dal Fontana di Fontana e dal Bonezzi epossidico di Lambertini.
Quantità o qualità? Il mondiale di Santa Cruz si è disputato con appena 34 barche, una barzelletta rispetto ai 184 di Gravedona e ai 132 di Medemblik. Va però detto che se la quantità non era un granché, la qualità era di tutto rispetto: tra i primi 16 classificati, nove erano stati tra i primi 16 di Medemblik e 14 tra i primi 32.
PS (Post Squalum)
Finiti i mondiali torno a visitare l’Acquario di Monterey, che già conoscevo e che ritengo il più bello del mondo. Incuriosito dal titolo vado a sentire una miniconferenza sul Progetto Squalo Bianco dove spiegano i risultati di uno studio fatto proprio dai ricercatori dell’acquario. Usando dei sensori Gps inseriti sulla schiena degli squali i biologi riescono a monitorare i percorsi di questi poco mansueti animali. Il risultato? Next slide please: come vedete le tracce dei loro movimenti sono soprattutto intorno alle Farallon Islands, piccole isole che si trovano a venti miglia da San Francisco e sono abitate da una grande popolazione di foche e leoni marini. In pratica un ottimo ristorante in mare aperto (risate del pubblico). Devo però dirvi che il ristorante “Al leone marino” non è il solo posto battuto dagli squali bianchi. Next slide, please. Come vedete da questa diapositiva gli squali bianchi girano e molto. I loro movimenti formano un triangolo molto battuto ai cui vertici ci sono le isole Farallon, quelle del ristorante, ma anche San Francisco e… Monterey. Prego? Sì, sì, Monterey è una delle loro tappe preferite. Ma sa, la California, è una zona molto battuta dagli squali bianchi. Ah, grazie, non lo sapevo. Si figuri è un piacere. Già, un vero piacere…
PPS (My name is Pasquale)
La prima sera al ristorante del circolo veniamo abbordati da “My name is Jeffrey, Jeffrey Canepa”. La sua famiglia è di Genova, non spiccica nemmeno un articolo in italiano, ma è felicissimo della nostra presenza e davvero gentile. E’ ricco sfondato ma da quel momento diventa una specie di assistente personale: banane, acqua, panini. Nastro adesivo? Vi serve nastro adesivo?
La seconda sera ad abbordarci è John Gimelli. Scusi, intende Gemelli con la e. No, no: Gimelli con la i, come Romolo e Rimo… La famiglia è di Loano ma anche lui, come Canepa non parla una parola di italiano ed è ricco sfondato: gestisce il business dei rifiuti di Santa Cruz e ha la casa più grande tra quelle, splendide, che costeggiano il canale del porto. Ci invita a cena a patto che cuciniamo qualcosa di italiano. Luca e Antonio si scatenano con pasta alle vongole e caponata (ottime). Io, che in queste cose sono un’autentica capra, faccio il cinese di cucina, tagliando velocissimo cipolle e peperoni. A tavola si presenta un signore di 140 anni, forse più, con braga corta e calzini a vista. Possiede mezza Santa Cruz ma a differenza degli altri parla italiano. In compenso è sordo come una campana: come hai detto? Luna? No, Luca. Mongole? No, vongole!
L’ultimo giorno rompo lo stick appena uscito dal porto, rientro veloce per cambiarlo e quando risalgo in barca trovo un motoscafo bianco con un signore che mi chiama: Do you need a ride? I’m Italian, my name is Pasquale. E mi lancia la cima.
La Classifica del Mondiale
Pos | Sail | Skipper | Yacht Club | 1 | 2 | 3 | 4 | 5 | 6 | 7 | 8 | 9 | Total | Pos | ||
1
|
AUS2457 | Mark Bulka | McCrae | [10] | 4 | 1 | 2 | 1 | 1 | 3 | 4 | [5] | 16 |
1
|
||
2
|
AUS 2482 | Jason Beebe | RQYS | 7 | 2 | 2 | 3 | [13] | [14] | 4 | 2 | 1 | 21 |
2
|
||
3
|
GBR 2420 | Simon mussell | Highcliffe | 2 | 3 | 7 | 1 | 3 | [35/DNF] | 8 | 1 | [35/DNF] | 25 |
3
|
||
4
|
DEN-1 | Soren Dulong Andreasen | Hellerup Sejlklub | 5 | 1 | 3 | 4 | [35/DNF] | 2 | [16] | 8 | 3 | 26 |
4
|
||
5
|
AUS2566 | Callum Burns | Blairgowrie Yacht Squadron | [11] | 8 | [24] | 6 | 4 | 8 | 6 | 7 | 6 | 45 |
5
|
||
6
|
GBR 2439 | Gary Langdown | Highcliffe Sailing Club | 1 | 6 | [10] | 10 | 10 | 5 | 5 | [11] | 9 | 46 |
6
|
||
7
|
Ita59 | Davide Fontana | Av civitavecchia | 8 | 10 | 6 | [15] | [35/DNF] | 7 | 2 | 12 | 2 | 47 |
7
|
||
8
|
ITA 2561 | Antonio Lambertini | Marvelia – Dongo (Como) | 6 | [17] | 8 | 7 | 6 | [23] | 9 | 5 | 10 | 51 |
8
|
||
9
|
2488 | Hannes SEIDEL | SVPA | 14 | 9 | 9 | 8 | 9 | 4 | [23] | [16] | 4 | 57 |
9
|
||
10
|
GER 551 | Christoph Homeier | SVGO | 4 | 5 | [35/DNF] | [35/OCS] | 2 | 9 | 26 | 3 | 11 | 60 |
10
|
||
11
|
GBR 2503 | Tim Holden | Halifax SC | 3 | 7 | 12 | [35/DNF] | 5 | 15 | [25] | 10 | 14 | 66T |
11
|
||
12
|
AUS 2565 | John Lindholm | Blairgowrie Yacht Squadron | 9 | 11 | 11 | 5 | 12 | 12 | [13] | 6 | [15] | 66T |
12
|
||
13
|
2572 | Ed Presley | Cotswold SC | 15 | 15 | 5 | 12 | 8 | [24] | [24] | 9 | 20 | 84 |
13
|
||
14
|
GBR 2490 | Robert Smith | Castle Cove SC | [23] | 14 | 15 | 13 | 7 | [21] | 19 | 14 | 7 | 89 |
14
|
||
15
|
678 | Thomas Hooton | RYA | [25] | 18 | [22] | 11 | 14 | 10 | 11 | 17 | 12 | 93 |
15
|
||
16
|
GER 2612 | Joachim Harpprecht | Turn und Sportverein Schilksee | 19 | 13 | 14 | 16 | [35/DNF] | 3 | 18 | 18 | [35/DNF] | 101T |
16
|
||
17
|
NED 2 | Thorborg Mark | kmjc | 21 | [35/DNF] | 4 | 14 | [35/DNC] | 22 | 17 | 15 | 8 | 101T |
17
|
||
18
|
NED 3 | Bart Thorborg | WV Braassemermeer | 17 | 16 | 17 | 9 | 11 | 18 | [22] | 13 | [24] | 101T |
18
|
||
19
|
2399 | Roger Martin | Outer Harbour Centreboard Club | 18 | [35/DNF] | 16 | [35/DNF] | 35/DNF | 6 | 1 | 22 | 16 | 114 |
19
|
||
20
|
2602 | Michael Pullin | Halifax Sailing Club | 13 | 19 | 29 | [35/DNF] | [35/DNC] | 13 | 10 | 19 | 18 | 121 |
20
|
||
21
|
ITA 57 | Luca Landò | Associazione Velica Bracciano | [22] | [35/DNF] | 18 | 20 | 15 | 20 | 12 | 20 | 19 | 124 |
21
|
||
22
|
CAN 2397 | Michael Smits | Outer Harbour Centreboard Club | 24 | [35/DNF] | 25 | 19 | [35/DNF] | 11 | 14 | 35/DNF | 13 | 141 |
22
|
||
23
|
2453 | Neil Smith | Nyack Boat Club | 12 | 20 | [28] | 17 | [35/DNF] | 25 | 27 | 21 | 27 | 149 |
23
|
||
24
|
GBR712 | Rodger White | King George SC | 27 | [35/DNF] | 23 | [35/DNF] | 35/DNC | 16 | 20 | 23 | 21 | 165 |
24
|
||
25
|
2585 | Peter Hale | OHCC | [35/DNS] | [35/DNS] | 13 | 35/DNF | 35/DNC | 26 | 15 | 35/DNS | 17 | 176 |
25
|
||
26
|
ITA 40 | Luca Bonezzi | Canottieri Mincio Mantova Gruppi Sportivi | 16 | [35/DNF] | [35/DNF] | 35/DNC | 35/DNC | 17 | 7 | 35/DNF | 35/DNC | 180 |
26
|
||
27
|
CAN2525 | Stephanie Mah | Outer Harbour Centreboard Club | [35/DNS] | [35/DNS] | 21 | 35/DNF | 35/DNS | 19 | 28 | 24 | 22 | 184 |
27
|
||
28
|
2117 | Gil Woolley | Gil Woolley ieee | 30 | 21 | 27 | 18 | [35/DNF] | 28 | [35/DNF] | 35/DNS | 26 | 185 |
28
|
||
29
|
USA1771 | Peter White | Hoover Sailing Club | [35/DNS] | [35/DNS] | 20 | 35/DNF | 35/DNC | 29 | 21 | 25 | 25 | 190 |
29
|
||
30
|
AUS2105 | Stefan Golic | RFBYC | 20 | 12 | 19 | [35/DNF] | [35/DNF] | 35/DNF | 35/DNC | 35/DNS | 35/DNF | 191 |
30
|
||
31
|
DEN-2431 | Jeppe Sørner | Sejlklubben Rødvig-Stevns | 26 | [35/DNF] | 26 | [35/DNF] | 35/DNC | 27 | 35/DNF | 35/DNS | 23 | 207 |
31
|
||
32
|
USA 1114 | Jerome White | Santa Barbara Sailing Club | 28 | [35/DNF] | [35/DNC] | 35/DNC | 35/DNC | 35/DNC | 35/DNC | 35/DNC | 35/DNC | 238 |
32
|
||
33
|
usa 1072 | Kirk Price | Cal SC | 29 | [35/DNF] | [35/DNC] | 35/DNC | 35/DNF | 35/DNF | 35/DNF | 35/DNS | 35/DNF | 239 |
33
|
||
34
|
USA 2535 | Ethan Bixby | SPYC | [35/DNC] | [35/DNC] | 35/DNC | 35/DNC | 35/DNC | 35/DNC | 35/DNC | 35/DNC | 35/DNC | 245 |
3
|
La Classifica Del Campionato USA
Pos | Sail | Skipper | Yacht Club | 1 | 2 | 3 | 4 | Total | Pos | ||
1
|
USA 2535 | Ethan Bixby | SPYC | 3 | 1 | 3 | [11] | 7 |
1
|
||
2
|
AUS 2482 | Jason Beebe | RQYS | [13] | 8 | 1 | 1 | 10 |
2
|
||
3
|
ITA 59 | Davide Fontana | AV Civitavecchia | 2 | 2 | 8 | [28/DNC] | 12 |
3
|
||
4
|
AUS2457 | Mark Bulka | McCrae | 7 | [13] | 4 | 2 | 13 |
4
|
||
5
|
GER 2612 | Joachim Harpprecht | Turn und Sportverein Schilksee | 1 | 4 | 9 | [15] | 14T |
5
|
||
6
|
AUS2566 | Callum Burns | Blairgowrie Yacht Squadron | 5 | [17] | 5 | 4 | 14T |
6
|
||
7
|
ITA 2561 | Antonio Lambertini | Marvelia Dongo | 6 | 7 | [11] | 5 | 18 |
7
|
||
8
|
ITA40 | luca bonezzi | cmm | [9] | 9 | 2 | 9 | 20 |
8
|
||
9
|
2488 | Hannes SEIDEL | SVPA | 11 | 5 | [14] | 8 | 24 |
9
|
||
10
|
ITA 57 | Luca Landò | Associazione Velica Bracciano | 4 | 14 | 7 | [18] | 25T |
10
|
||
11
|
GBR 2439 | Gary Langdown | Highcliffe Sailing Club | 8 | 11 | 6 | [13] | 25T |
11
|
||
12
|
CAN 2397 | Michael Smits | Outer Harbour Centreboard Club | [15] | 6 | 12 | 12 | 30 |
12
|
||
13
|
712 | Rodger White | King George SC | 10 | 3 | 20 | [28/DNC] | 33 |
13
|
||
14
|
678 | Thomas Hooton | RYA | [20] | 20 | 13 | 6 | 39 |
14
|
||
15
|
GBR 2420 | Simon Mussell | Highcliffe | 17 | [21] | 21 | 3 | 41T |
15
|
||
16
|
2585 | Peter Hale | OHCC | 21 | 10 | 10 | [28/DNF] | 41T |
16
|
||
17
|
2399 | Roger Martin | OHCC | 14 | 12 | [17] | 17 | 43 |
17
|
||
18
|
GBR 2503 | Tim Holden | Halifax SC | 18 | [24] | 19 | 7 | 44 |
18
|
||
19
|
GBR 2490 | Robert Smith | Castle Cove SC | 12 | 18 | [24] | 16 | 46 |
19
|
||
20
|
AUS 2565 | John Lindholm | Blairgowrie Yacht Squadron | 19 | [22] | 18 | 10 | 47T |
20
|
||
21
|
2572 | Ed Presley | Cotswold SC | 16 | 15 | 16 | [28/OCS] | 47T |
21
|
||
22
|
USA1771 | Peter White | Peter White | [22] | 16 | 15 | 19 | 50 |
22
|
||
23
|
AUS2105 | Stefan Golic | RFBYC | [28/OCS] | 19 | 22 | 14 | 55 |
23
|
||
24
|
2117 | Gil Woolley | Santa Cruz Yacht Clubz | 24 | [26] | 26 | 20 | 70 |
24
|
||
25
|
USA 1114 | Jerome White | Santa Barbara Sailing Club | 23 | 23 | 25 | [28/DNC] | 71 |
25
|
||
26
|
usa 1072 | Kirk Price | Cal SC | 25 | [28/DNF] | 28/DNF | 21 | 74 |
26
|
||
27
|
CAN2525 | Stephanie Mah | OHCC | [28/OCS] | 25 | 23 | 28/DNC | 76 |
27
|