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Anonimo Chiavarese

Anonimo Chiavarese

Anzio, cronaca di uno zonale bianconero (2017)

Un giorno di vento (ma niente regata), un giorno di piatta (ma con regata). Ad Anzio, cronaca di uno zonale strano, ma combattutto fino alla fine

Bianconero, nerobianco. Se il pensiero corre al sesto scudetto di fila vuol dire soltanto due cose: la prima che siete malati di calcio, la seconda che non siete stati ad Anzio il 20 e il 21 maggio per la seconda e terza prova del campionato quarta zona. Due prove opposte che più opposte non si può. Bianco o nero. Nero o bianco.

Cominciamo con il nero, quello del nostro umore nell’apprendere, giovedì, che la prova del sabato verrà cancellata perché le preiscrizioni arrivate si fermano a otto e, anche se non era riportato da nessuna parte, il comitato organizzatore decide che se non si arriva a dieci si regata un giorno solo… Il bello, si fa per dire, è che domenica in acqua ci saranno proprio dieci Contender: otto preiscritti, un iscritto ritardatario e Andrea, un nuovo arrivato che avendo appena comprato la barca di Fabio Molinari non se la sente ancora di regatare, ma gironzola intorno alle boe da attento spettatore. Siamo in dieci, insomma, ma poiché la matematica non è un’opinione, l’opinione del comitato è di annullare il buon senso e la prova del sabato. A prescindere, come direbbe Totò.

L’umore nero è quello di Luca Polenta, Antonio Leonardi e il sottoscritto che venuti da Bracciano si trovano un bel sole e un maestrale da venti nodi a salire con la certezza che tanto non ci sarà regata, tanto si resta a terra, tanto non siete in dieci… Visto che l’umore peggiora con il salire dei nodi, i tre decidono di uscire lo stesso. Leonardi litiga con il timone fisso e l’acqua troppo bassa: dopo un paio di tentativi decide che è meglio non giocarsi lo specchio e rimette la barca sul carrellino. I due Luca provano a dare un senso alla giornata dando vita a quella che ben presto diventerà una prova di resistenza: un rodeo all’americana dove vince chi dura più a lungo. E poiché il sottoscritto viene sbattuto giù da un cavallone bianco, la redine d’oro va a Polenta che invece resta saldamente in sella. Il rodeo va avanti per un po’, ma i cavalloni aumentano e il vento pure, così dopo mezz’ora di frullatore decidiamo che è meglio non rischiare e torniamo anche noi a terra. Dove l’umore nero evapora rapidamente, non tanto e non solo per il rodeo breve ma avventuroso, ma perché è a quel punto evidente che la regata, dieci o non dieci, quel giorno non si sarebbe comunque fatta.

Bianconero, nerobianco. Domenica entriamo in acqua, in dieci dicevamo, con un bel vento di tramontana che però va a calare, calare, calare… ma anche saltare, saltare, saltare. E già che ci siamo aggiungeteci pure l’aretino Pietro: quello con il vento davanti e l’onda di dietro. Salta e cala, cala e salta, giro primo la boa, seguito da Polenta, molto più distanti Sepe, Leonardi e gli altri. Le posizioni non cambiano fino alla fine della seconda e ultima bolina quando un salto di novanta gradi novanta trasforma il sottovento in sopra. E poiché Polenta era sotto, ecco che a passare davanti l’ultima boa è proprio il vincitore del rodeo del giorno prima, seguito dal sottoscritto e, più dietro, Sepe e Leonardi.

Il vento sparisce, torna, gira e sparisce, ma poiché sulle istruzioni c’è scritto che le prove dovrebbero essere quattro (non è un refuso: quattro come quelli che beccavamo a scuola) restiamo due ore ad aspettare il vento di Godot. Il quale, perverso come pochi, non è vero che non arriva mai: perché quando finalmente torniamo a terra bolliti per la lunga e inutile attesa (e l’onda lunga dell’aretino Pietro) ecco che la tramontana riprende a soffiare bella stesa sui dieci-dodici nodi. Il teatrino dell’assurdo finisce in spiaggia con la lunga tavolata, stile cena di Asterix, con l’immancabile pasta con il tonno che come la fanno ad Anzio… E così l’umore nero svanisce un’altra volta. Bianconero, nerobianco. E la Juve, questa volta, non c’entra nulla.

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